In questo articolo vi parlo dei Circoli di Studio come attività di formazione non formale per adulti. La nascita dei Circoli di Studio avviene in Svezia circa cento anni fa con l’obiettivo di far partecipare i cittadini a discussioni intorno ad un argomento ritenuto d’interesse comune, questo tipo di approccio parte quindi dal basso e viene visto come esperienza di vera democrazia. Nella definizione data da Oscar Olsson, fondatore dei Circoli di Studio, ci prospetta un modello di stare insieme fatto dalle persone come «metodo che deve consentire alla gente di tener vivo e far crescere l’impegno e la capacità di creare vita e cultura»1. In seguito al costituirsi dei Circoli di Studio in Svezia sono sorte numerose associazioni su temi e problematiche differenti. In Italia tale metodologia di fare formazione era stata acquisita dalla Regione Toscana mediante il Piano d’Indirizzo regionale sulla formazione negli anni 2003-2007 del FSE. Il modello toscano di Circoli di Studio pur ripetendo l’esperienza svedese, era stato inserito in una cornice istituzionale più definita, ovvero di formazione continua degli adulti a modalità non formale, accanto alla formazione formale di stampo scolastico ed alla formazione informale rappresentata da tutti quegli ambiti che il soggetto esperisce durante il suo tempo libero e che riguarda molto più da vicino interessi ed hobby.
Nello specifico i Circoli di Studio si basano sulla cooperazione e sulla pratica della democrazia e della comunicazione attraverso il mutuo insegnamento.
Metodologia dei Circoli di Studio: l’esperienza toscana
Il Circolo di Studio, nell’esperienza toscana, si prefigurava quindi come la necessità di un gruppo di persone, generalmente 8 ma poteva arrivare anche a 12, di esprimere un bisogno educativo specifico e la possibilità di poterlo realizzare. Il supporto organizzativo-logistico era mediato da un facilitatore che ne raccoglieva i consensi e ne facilitava l’attivazione e la gestione. Gli incontri erano di breve durata e per un tempo limitato. Era possibile che l’argomento d’interesse necessitasse di un esperto, per lo meno nella fase iniziale, ad ogni modo questo non poteva superare la metà delle ore del circolo stesso. L’apprendimento, infatti nel Circolo di Studio era mediato dall’auto-direzione, ciò significava che gli utenti erano anche attori protagonisti, essi svolgevano a loro volta funzione di insegnamento perché già un po’ esperti della tematica scelta. In esso avveniva un vero scambio di saperi. Dall’esperienza quinquennale dei Circoli di Studio, attivati in tutte le province toscane con bandi a valere del POR Ob.3, sono nate esperienze interessanti che hanno dato vita ad associazioni e gruppi ancora attivi sul territorio. Inoltre questo tipo di esperienza ha avvicinato persone di qualsiasi età, etnia, cultura ed ha anche incluso diversamente abili su temi più disparati: dall’ambiente, alle tradizioni popolari, dal cibo al ricamo, dalla pittura al teatro, dal lavoro all’inclusione. Molte le persone che sono potute venire a contatto con altri cittadini su argomenti di proprio interesse, in alcuni casi uscendo dall’isolamento e facendo esperienze nuove e stimolanti. In altri casi le persone hanno attivato i propri saperi per poter concretamente dare impulso all’economia del territorio con interventi diretti alla salvaguardia di tradizioni e usanze. L’impatto di esperienze così diverse ha riguardato molte istituzioni sia pubbliche che private, non senza difficoltà di ordine logistico e di risorse umane. Ciò che è stato bello di ciò che è stato fatto con i Circoli di Studio è sicuramente l’aver creato dal nulla gruppi di persone attive e dedite alla buona riuscita di un progetto considerato innovativo e stimolante.
La figura del facilitatore
Molto spesso si parla di Tutor per definire una figura che si occupa di un gruppo in formazione, in realtà si occupa più di funzioni burocratiche che della relazione con i partecipanti. Nei Circoli di Studio non è così, il tutor riveste quattro ruoli:« è un membro, un leader, un facilitatore e un segretario»2. Nel primo caso il facilitatore si occupa del Circolo di Studio assegnato e ne condivide l’esperienza facendone parte sin dall’inizio, spesso come soggetto co-organizzante. Soprattutto nel primo incontro il suo ruolo è quello di costruttore del progetto apportando il suo contributo come membro, lavora con il gruppo e ne determina lo sviluppo. Egli è anche leader poiché sin dall’inizio presenta la metodologia e le varie fasi di attività, quindi fissa con il gruppo, il calendario degli incontri, si fa carico delle problematiche ed individua il “leader” nel gruppo, che in sua assenza, prenderà in mano la situazione nello svolgimento del progetto formativo. È anche, e soprattutto, facilitatore, ha importanti esperienze delle dinamiche di gruppo e delle competenze comunicative. Sin dalla costituzione del gruppo infatti, emergeranno personalità “forti” ed egli dovrà essere in grado di depotenziarne gli effetti individualistici in favore di una vera coesione del gruppo al fine di stimolarne la capacità di cooperazione. Spesso il facilitatore si troverà a gestire i conflitti o a confrontarsi con “leaders” non scelti dal gruppo, è importante che riesca a fare in modo che tutti partecipino alle discussione e alle attività, che nessuno si senta giudicato o escluso. Infine ha funzioni di segretario perché coordina il circolo mediante la compilazione di verbali, registri, e story board di ogni incontro a cui partecipa. Da tutto ciò emerge che la figura del facilitatore ha notevoli responsabilità verso il gruppo e l’istituzione che rappresenta, e che pertanto riveste un ruolo ben più complesso e stimolante di quello del tutor nei tradizionali corsi di formazione.
I Circoli di Studio come metodologia didattica a scuola
I Circoli di Studio non sono soltanto utilizzati nell’educazione non formale, ma vengono spesso ad essere inseriti come metodologie didattiche all’interno del circuito formale, ovvero scuola, università e corsi di formazione professionale. Si può infatti, procedere presentando un problema o partire da una discussione in atto. Bisogna procedere con la costituzione di un cerchio, che è la modalità usata per lo svolgimento di un circolo, e far defluire la discussione intorno all’argomento frutto d’interesse da parte della classe o di un suo sottogruppo. L’importante è che chi conduce non interferisca nelle scelte e nell’assunzione di responsabilità emerse nel gruppo.
Mentre nei Circoli di Studio non formali la domanda di formazione è spontanea e quindi le persone spesso non si conoscono, per lo meno non tutte, nel circolo inserito nel circuito scolastico o aziendale il gruppo si conosce già, tuttavia insieme al facilitatore dovranno essere decisi tempi, modi e sviluppo del circolo stesso. La richiesta dovrà essere monitorata affinché non perda la sua finalità formativa, in tal senso il ruolo di peer education è mediato da eventuale materiale didattico o dal ruolo del docente. Il facilitatore stimolerà il confronto e la discussione facendo partecipare tutti e mediando i possibili conflitti. In questo caso il facilitatore può essere il docente ma può anche essere uno studente. La costituzione dei Circoli di studio in ambiti di formazione professionale possono essere interessanti per la crescita personale all’interno dell’azienda o per la ricerca attiva del lavoro.
1 Federighi, P., (2003), I circoli di studio: teoria e pratica, slide del corso di formazione per facilitatori/facilitatrici di circoli di studio, slide 2.
2 Federighi, P. (2006) Linee guida per i Circoli di Studio – Orientamenti metodologici a partire dall’esperienza toscana, Regione Toscana, Sistema Integrato Regionale per il Diritto all’Apprendimento, p. 19.